Chi è Emiliano Lemma
Da bambino ero solito rivolgere ai miei genitori domande del tipo: “ma se uno è dipendente di un’azienda, ha lo stesso stipendio sia che si impegni molto, sia che non si impegni affatto?”, oppure: “ma perché papà torna a casa così stanco? Non può far lavorare gli altri al posto suo, visto che è il capo?”.
Insomma, ero ingenuo, un po’ impertinente, ma iniziavo già a maturare alcune convinzioni che mi avrebbero accompagnato, e guidato, per il resto della vita.
Non sapevo bene che mestiere avrei svolto, ricordo che un giorno volevo fare il veterinario, un altro l’ingegnere elettronico, un altro ancora il tennista, ma di sicuro sapevo cosa NON volevo fare: non volevo occupare la mia vita aspettando la fine del mese per ricevere uno stipendio. Uno stipendio fisso, indipendentemente dall’impegno che ci avrei messo.

E sapevo che non volevo svolgere una professione che mi facesse arrivare devastato, fisicamente e mentalmente, a casa, lasciandomi solo le energie per guardare un po’ di tv.
Nel corso degli anni ho continuato a cambiare idea riguardo al mestiere da svolgere, e i miei studi seguivano questa mia incoerenza: Istituto Tecnico Industriale alle superiori, Scienze Politiche all’Università.
Già, perché nel frattempo avevo scoperto la grande passione per la politica e per la scrittura.
Vivere scrivendo mi sembrava davvero il mestiere giusto per me.
Vivere scrivendo di politica, ancor di più.
Vivere cercando di cambiare il mondo in cui mi trovavo a vivere, poi, rappresentava il mio sogno, il mio ideale di vita.
Così, già dagli ultimi anni delle superiori, ho iniziato a coltivare entrambe le mie passioni: la politica, con la militanza in un partito politico, e la scrittura, occupandomi di creare riviste, di scrivere articoli per i giornali locali, editoriali su riviste del partito, oltre a ben 3 romanzi, rimasti del tutto inediti, e senza che siano mai stati proposti ad un editore.
La passione per la politica svanì quando mi resi conto che la scelta era solo tra il diventare come loro, o il restare un povero illuso, che si vedeva passare davanti quelli più inclini a dire quel che aggradava maggiormente chi aveva il potere di decidere carriere e candidature.
Il mondo, quindi, non avrei potuto cambiarlo.
Anche la scrittura, subito dopo l’università, non sembrava poter diventare la mia professione.
Nel 1999, a 24 anni, fondai la mia prima azienda, una start-up, come si dice adesso, che si occupava di realizzare progetti editoriali su internet, che, praticamente, aveva appena fatto la sua comparsa in Italia.
Nel 2002, fondai la mia seconda azienda, che si occupava, anch’essa, di progetti editoriali sul web. E, pian piano, iniziai anche a occuparmi di marketing. Una passione che riuscii a trasformare in una professione, per quanto non apprezzassi più di tanto il rapportarmi con le persone: amavo scrivere, creare strategie, un po’ meno fare consulenze, alle quali cercavo di rifuggire con qualunque tipologia di scusa.
Ciò che più mi premeva, però, era di non parlare in pubblico. Chiunque mi chiedesse: “Emiliano, ti va di intervenire a questo evento?”, oppure “perché non organizziamo un corso per imprenditori che si avvicinano al marketing?” riceveva come risposta un silenzio assordante. No, io in pubblico non parlo!
Per fortuna, ci pensò poi una persona a costringermi a cambiare idea…
Se c’è una cosa che non so fare è quella di non appassionarmi al lavoro che svolgo. Dopo quasi 20 anni, l’azienda che avevo creato da giovane non mi forniva più quegli stimoli necessari a svegliarmi con entusiasmo al mattino e ad andare a dormire con mille progetti per il futuro. Così, mi sono defilato anche da quell’attività, per intraprendere il percorso più stimolante, faticoso e gratificante della mia esistenza.
La pubblicazione del mio primo libro, “Ricetta Vincente, come avere il ristorante sempre pieno di clienti nonostante la crisi”, e, ancora di più, il secondo, scritto assieme a Michela Ferracuti: “Il marketing non serve a un ca**o” mi hanno fornito nuovi stimoli e, finalmente, la possibilità di vivere scrivendo.
Oggi, scrivo. Scrivo libri, scrivo corsi, scrivo sul blog, scrivo sui miei gruppi e sulle pagine Facebook e, nel 2019, pubblico il libro di cui vado più orgoglioso: “Da Bottegaio a Commerciante di Successo”.
Perché è il lavoro di cui vado più orgoglioso? Perché in quel libro c’è tutta la mia visione di come evitare che un artigiano, un commerciante, un parrucchiere, un ristoratore, un’estetista trascorra tutta la vita come un bottegaio che si arrabatta facendosi un mazzo atroce, spesso lavorando da solo, per trasformarlo in un imprenditore di successo. Che poi, è il mestiere che mi trovo a svolgere oggi. E credo di poter affermare che lo resterà a lungo.
Quello che ho capito da quando lavoro a stretto contatto con i piccoli imprenditori è che ci sono un sacco di blocchi mentali e culturali che non consentono loro di vivere una vita professionale più ricca di successo. Rimuovere questi blocchi è indispensabile per poter poi lavorare su un piano di crescita strategico. Il marketing attecchisce solo laddove il terreno è fertile. E il terreno, in questo caso, è la mente dell’imprenditore.
Un imprenditore che si concepisce come un bottegaio che deve tirare a campare, è destinato a lavorare duramente senza mai raccogliere i frutti che, probabilmente, merita.
Un imprenditore che si libera dai blocchi culturali può finalmente, spiccare il volo.
Oggi, mi occupo di questo: di consegnare ad ogni commerciante che si rivolge a me un paio di ali per spiccare il volo, grazie al Metodo SetUp, che ho messo a punto assieme ai miei attuali soci, Michela Ferracuti e Luca MaDi.
Insieme, saliamo spesso sul palco per degli eventi formativi di marketing e se, fino a qualche anno fa, parlare in pubblico era il mio incubo, oggi è qualcosa di cui non riesco a fare a meno. Parlare davanti a decine e decine di persone spiegando loro come trasformarsi da bottegai a commercianti di successo è la cosa che amo più fare, dopo lo scrivere.
Oggi so quali risposte dare al me stesso bambino: so che se svolgi un lavoro che ami, e continui ad acquisire le conoscenze che servono per continuare a crescere e migliorare, potrai ottenere il giusto riconoscimento economico, a differenza di chi, invece, ogni giorno vive per arrivare al momento in cui timbrerà la cartolina. E anche io, oggi, esattamente come mio padre, torno a casa molto stanco. Però sono sereno, perché amo il mio lavoro, perché rendo felici le persone, e perché ogni anno che passa cerco di delegare le parti del lavoro che non mi piacciono, per occuparmi di quelle più interessanti e strategiche.
Direi che, almeno per il momento, posso definirmi un uomo soddisfatto di se stesso, seppur con ampi margini di miglioramento.
